La fascia plantare è un tessuto connettivo denso che si estende dal calcagno alle teste metatarsali ed ha una duplice funzione:

  • statica, di supportare l’arcata plantare in carico.
  • dinamica, di contrarsi e allungarsi durante il passo.

Per questo motivo gioca un ruolo molto importante nella trasmissione del peso corporeo al piede durante la deambulazione e la corsa.

 

Questa patologia riguarda sia soggetti sportivi (runners, calciatori, ballerine, ginnaste…) che non sportivi.

È più frequente in soggetti di età compresa tra 40 e 60 anni, soprattutto donne.

È bilaterale in un terzo dei soggetti.

Il 50% dei soggetti ha associata la presenza di uno sperone calcaneare.

L’insorgenza probabilmente è multifattoriale, legata soprattutto al sovraccarico (microtraumi ripetuti all’inserzione della fascia plantare) o al non corretto movimento biomeccanico del piede.

PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO

  • piede cavo (o piatto);
  • elevato BMI (sovrappeso);
  • sport, soprattutto la corsa;
  • sessioni di allenamento eccessive o inadeguate recenti;
  • utilizzo di scarpe inadeguate;
  • squilibrio muscolare dei muscoli intrinseci ed estrinseci del piede;
  • riduzione dell’articolarità delle diverse articolazioni del piede (soprattutto dorsi-flessione di caviglia).

SINTOMI

Il sintomo principale della fascite plantare è il dolore, solitamente più acuto al mattino, appena si appoggia il piede a terra ed è localizzato nella parte interna del tallone. Tende a diminuire dopo aver fatto i primi passi per poi riacutizzarsi dopo lunghi periodi di immobilità o dopo lunghi periodi di carico. Nei casi più gravi si manifesta anche al termine della giornata.

Nello sport il dolore insorge solitamente nelle fasi di riscaldamento iniziale per poi scomparire durante l’allenamento. Nei casi più gravi si rimanifesta con la progressione dell’allenamento e persiste per alcuni minuti dopo che si ha terminato.

Nella fase precoce, il dolore tende a rimanere confinato all’inserzione della fascia plantare a livello calcaneare, successivamente può spostarsi verso l’avampiede migrando lungo tutta la pianta e risparmiando soltanto la punta delle dita.

 

DIAGNOSI

La diagnosi è clinica, basata sulla storia del dolore e assenza di traumi. Oltre alla presenza di dolore viene presa in considerazione la presenza dei fattori di rischio.

All’esame clinico risulta dolorosa la palpazione dell’inserzione prossimale della fascia plantare (ossia la parte interna del tallone).

Talvolta è comunque opportuno effettuare una radiografia per escludere altre patologie o per evidenziare l’eventuale presenza di uno sperone calcaneare.

 

OBIETTIVI DEL TRATTAMENTO

  • riduzione del dolore;
  • aumento della funzionalità;
  • riduzione della disabilità.

 

TRATTAMENTO

  • Riposo: in fase acuta è consigliato riposo iniziale con la sospensione degli allenamenti ed evitando di camminare o rimanere a lungo in piedi, soprattutto su superfici rigide. È molto importante sospendere gli allenamenti alle prime avvisaglie di fascite plantare; ignorare il dolore continuando ad allenarsi o sopprimendolo con farmaci antinfiammatori favorisce la cronicizzazione della patologia.
  • Ghiaccio: da utilizzare soprattutto in fase acuta, favorisce l’attenuazione del dolore. Si consiglia di applicarlo per 10-15 minuti tre o quattro volte al giorno.
  • Farmaci antinfiammatori: i FANS riducono l’infiammazione locale e possono essere somministrati per via orale o topica. Eventualmente possono essere somministrati anche farmaci corticosteroidi.
  • Valutare l’eventuale modifica delle scarpe.
  • Incoraggiare il paziente alla perdita di peso, se sovrappeso.
  • Bendaggio funzionale anti-pronazione del piede eseguito con tape o kinesiotape in acuto (per le prime settimane) può aiutare a ridurre il dolore.
  • Plantari e talloniere: in alcuni pazienti l’utilizzo di plantari risolve definitivamente il dolore. Questi permettono ai pazienti di continuare le proprie attività sportive, lavorative e ricreative senza dolore. In alternativa può essere applicato un piccolo rialzo sotto il calcagno.
  • Stretching: del polpaccio e della fascia plantare da effettuare 2/3 volte al giorno.
  • Terapie fisiche: in acuto laser terapia e ionoforesi. Se il dolore persiste o è già cronico sono da privilegiare le onde d’urto (meglio lineari). Proprio queste aumentano la vascolarizzazione locale ed il metabolismo cellulare favorendo il processo di riparazione spontanea del tessuto.
  • Massaggio o automassaggio della fascia plantare manuale oppure facendo ad esempio rotolare una pallina da tennis sotto la pianta del piede per qualche minuto.
  • Recupero dell’articolarità della caviglia, se deficitario.
  • Esercizi: rinforzo dei muscoli intrinseci ed estrinseci del piede.
  • Tutori notturni: sono raccomandati a pazienti che hanno dolore da più di 6 mesi. Aiutano a mantenere distesi i tessuti fibrosi che formano la volta plantare durante il riposo. In questo modo si va a ridurre il dolore al risveglio causato, appunto, dalla contrazione notturna dell’aponeurosi plantare.
  • Infiltrazione eco-guidata di cortisone: viene considerata per pazienti che non hanno risposto al trattamento conservativo. Non è tuttavia una pratica priva di rischi in quanto può portare all’indebolimento della fascia plantare aumentandone il rischio di rottura. È raccomandato non effettuarne più di due per evitare eventi avversi.
  • Chirurgia: nei rari casi (1%) in cui il paziente non risponda al trattamento nel lungo termine (oltre gli 8-12 mesi) è indicato l’intervento chirurgico che consiste nell’interruzione percutanea della fascia plantare.

 

ESERCIZI DI STRETCHING

  • In piedi, di fronte alla parete, a circa un metro di distanza. Collocare il piede sano in avanti rispetto all’altro. Mantenere la gamba posteriore diritta con il tallone appoggiato a terra e le punte dei piedi che puntano in avanti. Appoggiare le mani al muro e spingere fino ad avvertire una certa tensione a livello del polpaccio. Mantenere la posizione per 20-30 secondi e ripetere 3-4 volte. Per allungare la parte più inferiore del polpaccio piegare leggermente la gamba posteriore.
  • Seduti a terra con la gamba del piede dolente tesa in avanti.
    Avvolgere un asciugamano o un elastico attorno al piede ed impugnarlo alle estremità. Delicatamente tirare l’asciugamano verso il corpo percependo la tensione dei muscoli della parte posteriore della coscia e del polpaccio. Mantenere la posizione per 20-30 secondi e ripetere 3-4 volte.  Se la tensione avvertita è leggera riponete l’asciugamano e ripetete l’esercizio inclinando il busto in avanti cercando di tirare verso di voi la punta del piede.
  • Da seduti con il ginocchio piegato afferrare il piede dolente ed estenderlo dorsalmente; stendere poi anche le dita del piede. Mantenere la posizione 20-30 secondi e ripetere 3-4 volte. Con l’altra mano è possibile applicare una piccola pressione a livello della fascia plantare per aumentarne l’allungamento.
  • Salire su uno scalino appoggiando entrambi gli avampiedi. Tenendosi con le mani alla parete o alla ringhiera, scendere con i talloni verso il basso fino a percepire una tensione che non deve essere dolorosa. Può essere effettuato in modo statico, mantenendo 20-30 secondi la posizione per poi ritornare alla posizione di partenza, ripetuto 3-4 volte; oppure in modo dinamico scendendo e risalendo lentamente ma in modo continuo con i talloni per 10 volte.

 

ESERCIZI DI RINFORZO MUSCOLARE

  • In posizione eretta o seduta, con il piede scalzo afferrare un tovagliolo con la punta delle dita, sollevarlo leggermente, lasciarlo cadere e ripetere 10-20 volte. Un’ alternativa a questo esercizio consiste nel rimettere in una tazza delle palline sparse sul pavimento con utilizzando le sole dita del piede.
  • Con la pianta del piede appoggiata al terreno sollevare le dita mantenendo il tallone in appoggio. A questo punto abbassare le dita toccando il terreno ad eccezione dell’alluce. Abbassare l’alluce, tenerlo appoggiato al terreno e sollevare soltanto le altre quattro dita. Ripetere per 10-20 volte.
  • In posizione seduta con la pianta del piede in appoggio accorciare la lunghezza del piede aumentando l’arco plantare. Fare attenzione a rilassare le dita. Ripetere 10-20 volte. Successivamente questo esercizio può essere ripetuto anche in stazione eretta dando un po’ di peso al piede.
  • Al termine degli esercizi è consigliato da seduti poggiare il piede sopra una bottiglietta ghiacciata ed esercitando una lieve pressione la si fa rotolare dal tallone alle dita e viceversa. Ripetere per 5-10 minuti. Questo esercizio è anche antalgico grazie all’effetto del ghiaccio.

Tanto più tempestivamente viene iniziato il trattamento riabilitativo tanto più precocemente si assisterà ad una riduzione della sintomatologia dolorosa. Al contrario se non si attuano le misure necessarie la fascite plantare, oltre a cronicizzare, tenderà a modificare l’appoggio plantare del soggetto cosa che può comportare l’insorgenza di dolore anche in altre articolazioni.

Se tutte queste opzioni terapeutiche hanno successo è importante che il paziente continui  a praticare gli esercizi di allungamento e rinforzo ponendo attenzione nella scelta delle calzature e nell’eventuale adozione di plantari. In questo modo si potrà scongiurare la ricomparsa della fascite plantare, che talvolta dopo un’apparente guarigione si ripresenta nel giro di pochi mesi.

 

Redatto da Elisa Bettella

 

 

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